rotate-mobile
Corsico Corsico

'Coca' purissima, pusher, vedette e sentinelle: scoperto il fortino della 'Ndrangheta, 14 arresti

Operazione dei carabinieri di Corsico: arrestate quattordici persone, tra loro i fratelli Barbaro

In quel "territorio colonizzato dalle famiglie calabresi", per dirlo con le parole del magistrato Alessandra Dolci, avevano costruito la loro roccaforte. Quel "Quadrato", come il nome del quartiere, lo avevano trasformato nella loro casa. E a casa loro l'affare più grande è la droga e in quell'affare, evidentemente, le "guardie" non sono benvenute.

Purtroppo per loro, però, in soli setti mesi gli investigatori sono riusciti a trasformare i sospetti in certezze, scrivendo la parola fine su quella organizzazione. 

Arrestati in 14, tra loro i Barbaro

I carabinieri della compagnia di Corsico, guidati dal capitano Pasquale Puca, hanno arrestato martedì mattina quattordici persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. In manette sono finiti anche i quattro fratelli Barbaro - Antonio, Francesco, Giuseppe e Salvatore -, esponenti di una delle più potenti cosche di 'Ndrangheta calabrese che da tempo ha stabilito la propria "Locale" tra Corsico e Buccinasco, dove negli anni ha stretto accordi e fatto affari con i Papalia e i Sergi. 

Video | Ecco la cocaina della 'ndrangheta

In quel territorio i Barbaro avevano imposto la propria egemonia nel mondo dello spaccio, dando vita a una struttura con loro al vertice, il luogo tenente - il 36enne Francesco Pellegrini - un gradino più sotto, i "galoppini" e i custodi ancora più giù e i pusher in strada. A dare il là all'indagine è stato proprio il lavoro dei carabinieri sui piccoli spacciatori: cinque marocchini - tra loro due fratelli e il loro zio -, che avevano ottenuto una sorta di subappalto dai capi per vendere la cocaina tra le vie del "Quadrato" di Corsico.

A segnalarli alle forze dell'ordine sono stati i residenti della zona, perché - ha assicurato la pm Dolci - "in quel territorio di criminalità in cui fare indagini è difficilissimo ci sono anche tante persone per bene, che denunciano".

Dalle denunce dei cittadini al covo

E da quelle denunce, da quei pusher gli investigatori - coordinati dal pm David Monti e dal magistrato della Dda, Stefano Ammendola - sono arrivati ai Barbaro. Per farlo, però, hanno dovuto fare i conti con tutti i "segreti" delle 'ndrine: auto cambiate di continuo per evitare le intercettazioni, vedette in strada per tenere d'occhio i carabinieri, contro pedinamenti ai militari da parte delle sentinelle, comunicazioni quasi mai via cellulare.

La svolta, però, è arrivata quando i militari sono riusciti a posizionare in casa di uno della banda - il 49enne Francesco Truglia - alcune telecamere nascoste. 

Le immagini hanno mostrato come il suo appartamento fosse in realtà il covo in cui nascondere la droga, poi ceduta ai magrebini o spacciata in alcuni locali "amici". A casa sua investigatori e inquirenti sono riusciti a sequestrarne oltre 800 grammi di una purezza ottima, vicina al 70%: segno chiarissimo della forza e delle ottime conoscenze della banda.

Una banda che aveva saputo rispondere anche al primo colpo sferrato dai carabinieri - proprio l'arresto del "custode" - riorganizzandosi rapidamente e trovando un nuovo nascondiglio: l'officina del 53enne Francesco Galbani, anche lui residente in zona. 

Le minacce e il capo preso alla frontiera

Non solo droga e scaltrezza criminale, però. Perché quando c'era da mostrare i muscoli, i Barbaro non si facevano problemi. A farne le spese, a settembre, era stato un imprenditore minacciato più volte dal 23enne Giuseppe Perre e da uno dei Sergi, altra famiglia "nota": la sua unica colpa era stata essere il fratello di un uomo che aveva contratto con il gruppo un debito di 60mila euro per l'acquisto di cocaina. Dopo le minacce e l'estorsione, Perre - considerato dagli inquirenti parte integrante dell'organizzazione - era finito in manette. 

Poco più di un mese dopo la stessa sorte è toccata ai Barbaro. L'ultimo a finire in cella è stato Antonio, il vero capo dei "giovani" della 'Ndrina, che gran parte dei suoi interessi - droga compresa - li ha ancora in Calabria.

I carabinieri lo hanno fermato mentre cercava di passare la frontiera a Vipiteno con 5mila euro in tasca e lo hanno portato via. Perché - la riflessione del magistrato Monti - "sequestrare la droga va bene, ma smantellare le organizzazioni è decisamente meglio". Ed è esattamente quello che hanno fatto i carabinieri di Corsico con la base lombarda dei Barbaro. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

'Coca' purissima, pusher, vedette e sentinelle: scoperto il fortino della 'Ndrangheta, 14 arresti

MilanoToday è in caricamento